Il fotografo e filmmaker Alessio Consorte racconta com’è nata l’idea del progetto MilanoAma: dalla parte dei più deboli grazie al lavoro dei City Angels durante la pandemia. Il ritratto sofferto di una città deserta che vuole al più presto rinascere
di Massimo Bellucci
Condividere alcune fotografie come gesto di solidarietà. Grazie alla collaborazione fra gli instancabili City Angels ed il fotografo e filmmaker Alessio Consorte, nasce il progetto MilanoAma. La nuova esclusiva serie fotografica Milano distopica che ritrae le zone più note del capoluogo lombardo ai tempi del coronavirus, diventa l’occasione, con un minimo contributo, per aiutare i più bisognosi.
Com’è nata l’idea di raccontare Milano ai tempi del Coronavirus, senza retorica attraverso uno stile asciutto ma anche con toni intensi e drammatici?
“Milano la si ama sia nei momenti belli, sontuosi, quando diventa la capitale della Moda o per il Salone del mobile o di altre eccellenti iniziative, sia quando ci sono momenti di difficoltà, in cui la Città ha bisogno di segni di affetto, di un abbraccio virtuale ma anche reale. Così da quando l’8 marzo Milano è stata dichiarata zona rossa, ho ancora negli occhi immagini di persone che scappavano da Milano (magari qualcuno con dei seri e validi motivi). Sono stato preso da un senso di profonda inquietudine e di rispetto verso questa città che mi ha dato tanto: ho deciso allora di iniziare questo percorso e di volerla raccontare attraverso lo sguardo di colui che percorre la città captando e respirando la sua atmosfera, diventata ‘distopica’ per l’appunto.”
I City Angels sono in prima linea dal 1994 con l’inconfondibile basco blu e la giubba rossa per intervenire con la forza della pace e della mediazione nelle zone più critiche di Milano e di altre 18 città italiane. Veri angeli del nostro tempo che combattono con la fermezza di un sorriso, con la forza di gesti quotidiani, il degrado e l’indifferenza. Le loro azioni dimostrano che dove c’è un uomo sensibile in ascolto un problema si potrà sempre risolvere ed una vita si potrà comunque salvare. L’importanza dell’etica e dei valori umani al di là delle convinzioni religiose e ideologiche.
Come hai scelto i luoghi identitari di Milano nella tua ricca galleria fotografica?
“Nel 1998 decisi di iniziare la carriera nel mondo della moda e Milano è l’unica città in Italia che poteva offrirmi di realizzare quel sogno, poi diventato realtà.
Quindi ho imparato a conoscere ogni sua singola strada ed ogni suo singolo aspetto, sia del passato che del presente: questo mi ha permesso di gestire il mio percorso in maniera del tutto credibile e sincera, seguendo il cuore.
La visione di Milano scarnificata dall’angoscia e svuotata dai suo flussi metropolitani, ridotti a pura architettura dello spazio, una dimensione quasi metafisica della solitudine e del tempo sospeso.”
Ti sei ispirato a fotografi famosi o all’esperienza di qualche campagna pubblicitaria in particolare?
“La fotografia come il cinema, è sempre in continuo aggiornamento e sperimentazione. Ogni volta che ho bisogno di rinfrescarmi le idee, guardo un film di Sergio Leone o di Fellini, ma anche Pasolini, Godard, Tessari, insomma il cinema a mio avviso quello vero e sincero. Così nella fotografia: ammiro Bruce Weber, Richard Avedon, Helmut Newton, Giovanni Gastel e via discorrendo.
In questo caso però mentre scattavo mi è tornato in mente un bellissimo libro fotografico di Gian Pietro Galasso ‘Los Angeles. Now here – nowhere’, seguito da uno stimolante articolo di Americo Carissimo dal titolo ‘Visioni di super megalopoli non reali’.
Nella creazione di queste immagini sulla Milano distopica, ‘ricche di pathos’ come le definisce in un bellissimo articolo su Style Magazine il giornalista Alberto Brigidini, la prospettiva della metropoli che diventa megalopoli non reale, mi ha ispirato il taglio delle inquadrature, mettendo al centro un osservatore immaginario. Appunto il paradosso di una folla che non c’è tra le vetrine di moda ferme e sospese come in un videogame, le grandi opere architettoniche come se si autocurassero in una beauty farm, ipnotizzate dall’invasione di flash e selfie.”
Realizzerai altri servizi fotografici o iniziative a scopo benefico e sociale?
“In tanti hanno aderito all’iniziativa facendo donazioni ai City Angels, quindi l’obbiettivo è stato raggiunto. Certo non parliamo di grandi numeri, ma nel piccolo qualcosa si è mosso e ne sono davvero felice. Il vero antidoto alla disperazione secondo me è riuscire a superare l’indifferenza di tutti i giorni, trovare la forza per non rivolgere lo sguardo dall’altra parte. Qualcuno mi ha suggerito di farne un libro o un calendario. Se il Sindaco Giuseppe Sala vorrà approfondire questa possibilità sono pronto a devolvere l’incasso ai City Angels e andrò personalmente con loro ad aiutarli nelle loro straoridinarie missioni.”
Con un’offerta dai dieci euro in su si possono condividere sui social gli scatti di Alessio Consorte e della sua Milano Distopica, raccogliendo in questo modo i fondi per contribuire all’insostituibile operato dei City Angels.