di Alessio Consorte
Un antico ponte, probabilmente di età borbonica, legato all’antica Fortezza di Pescara, si nasconde al di sotto di un tombino nei pressi del cementificio del capoluogo adriatico.
Da circa sei anni svolgo ricerche storiche e archeologiche sul territorio abruzzese ed in particolar modo su Pescara e sulle sue origini. Da poco si è riusciti a superare il tabù della città senza storia, anzi senza rughe come l’aveva definita lo scrittore Giorgio Manganelli. Innumerevoli sono le scoperte ufficiali. Ad esempio sul lato sud del molo, c’è un bellissimo mosaico romano scoperto da Ernesto Barbi, archeologo indipendente. Per quanto mi riguarda, tutta la parte nord dell’antica Aterno, riserverà sicuramente ancora grandi soddisfazioni con gli scavi futuri al di sotto del Campo Rampigna, dove finalmente si potrà arrivare alla piena conoscenza del sito. Un grande plauso va alla scelta non facile di questa amministrazione guidata dal sindaco Carlo Masci di creare un parco archeologico. Personalmente ho indagato i resti delle mura sotto il fiume Pescara, ben documentate, lo dico senza falsa modestia per il grande amore che nutro per la città, nel mio film “Il Traghettatore, Pescara raccontata dai pescaresi”, scoprendo delle ricche stanze che contengono ancora resti di anfore romane (II/III° d.C.) ed una bellissima sigillata africana, consegnata all’allora soprintendente Francesco Di Gennaro.

Per questo e molti altri motivi, ho recentemente contestato (in un articolo riportato sul Messaggero) le ossa recuperate dagli scavi preliminari sul Campo Rampigna, poichè credo e sono sicuro che non sono dei resti di epoca romana, bensi tardo medioevali. Certamente non significa che siano meno importanti, anzi… Come ho spesso dichiarato sui social o sulla stampa locale, se si riuscisse a scendere di almeno 8 metri si incontrerebbero i resti della Città di Aterno e non di una necropoli romana, come spesso dichiarato da ricercatori di fine secolo, ricopiate poi sui moderni libri.

Durante le ricerche per il mio documentario di prossima uscita dopo quattro anni di duro lavoro, dal titolo Decumano Maximo, mi sono imbattuto in un caso molto strano. Da tempo indago il percorso dell’antica Via Tiburtina Valeria e molti sono i segreti che cercherò di svelare nel corso di questi importanti studi.

Ero insieme a Massimo Pilone un geologo professionista che mi ha seguito in numerose spedizioni alla ricerca di un qualche segnale dal sottosuolo, missioni indipendenti ed auto finanziate sempre senza nessun contributo pubblico. Due anni fa, ci imbattemmo in un segnale radar interpretato come un possibile diverticolo stradale che si distaccava dall’attuale via Tiburtina. Ed allora ho indagato la parte fluviale in direzione del segnale: devo dire che ho notato diverse anomalie che mi hanno spinto ad indagare la zona del cementificio. Ho chiamato di nuovo Massimo Pilone e con il suo georadar, abbiamo notato un arco di circa un metro e mezzo riconducibile ad un piccolo ponte ora sotterraneo. Nel frattempo sul posto, incuriosito è arrivato un residente della zona, il signor Nicola Pagliaro. Egli ci ha ricordato che sin da ragazzo sentiva parlare di questo famoso ponticello: “Mi raccontavano che serviva alla cavalleria borbonica per attraversare un tratto di acque reflue, per poi dirigersi verso il guado del Pescara ed andare verso i colli a nord”.

Osservando bene alcune mappe settecentesche dell’antica fortezza, fotografate durante la mostra “Pescara Real Piazza” una bellissima iniziativa fortemente voluta da Licio Di Biase, scrittore studioso e politico, Mimmo Valente, presidente di Italia Nostra e Claudio Varagnoli ordinario di Restauro architettonico all’Università d’Annunzio, noto resti degli accampamenti militari proprio nei pressi dell’attuale cementificio.

Ed ecco che la storia assume sempre un carattere molto peculiare, poiché un semplice ponte, sicuramente non di epoca romana, torna prepotente per raccontarci un’altra vicenda dimenticata dalla memoria: l’assedio di Pescara del 1734 ad opera delle truppe di Carlo di Borbone guidate da Francesco Eboli, duca di Castropignano, contro gli austriaci che avevano in mano la fortezza conquistata anni prima nel 1707. Un assedio sicuramente molto importante con vari spostamenti a destra e sinistra del fiume Pescara che avrà visto come scenario il nostro ponticello ormai interrato. I pescatori che operano lungo il fiume mi hanno confidato di aver recuperato diverse palle da cannone lungo le sponde. Circostanza veramente molto inusuale per la nostra Pescara: dunque, un’altra pagina di storia locale che merita di essere approfondita per non perdere definitivamente la memoria delle nostre radici.
Bella scoperta e soprattutto istruttiva e unica per gli abitanti della città ✨
Incredibile!!!