Doveva accudirlo, invece se ne approfittava: condannato un 50enne di Rimini
Quando si ha un figlio con disabilità, fondamentale è riuscire a creare attorno a sé una rete di parenti ed amici disposti a dare una mano nel momento del bisogno. Questi bambini, anche quando crescono, hanno più esigenze rispetto ai loro coetanei e, per assicurare la loro serenità e quella dei loro genitori, è fondamentale che ci sia una rete di aiuto presente e concreta.
È proprio questo ciò che deve aver fatto questa coppia di genitori di Rimini, quando in famiglia hanno accolto un figlio con disabilità. Per sostenerlo mentre sono a lavoro, infatti, hanno coinvolto un amico di famiglia 50enne che, però, a distanza di anni dal primo ingresso in casa loro è stato condannato.
L’accusa è pesante: invece di prendersi cura del ragazzino con disabilità, si sarebbe approfittato di lui durante i due appuntamenti famigliari concordati con i suoi genitori. Ecco l’indagine e la condanna.
Le violenze sono emerse per la prima volta nel 2017 quando, esausto di quanto subiva da ormai due anni, la vittima stessa ha deciso di aprirsi con un operatore sanitario, raccontandogli delle violenze che subiva in entrambi gli appuntamenti settimanali con l’amico di famiglia che doveva prendersi cura di lui. L’operatore, quindi, si è rivolto alle forze dell’ordine e poi lo stesso hanno fatto i genitori del ragazzo. Durante una perizia svolta da un consulente tecnico e richiesta dal sostituto procuratore, però, si è stabilito che l’allora 11enne non fosse in condizioni di testimoniare, poiché con lo psicologo non aveva proferito parola in merito alle accuse.
Il pubblico ministero, quindi, nel 2017 è stato costretto a chiedere l’archiviazione, alla quale invece si è opposto il padre della vittima degli abusi. Il gip, quindi, anche grazie al lavoro dell’avvocato dell’accusa Giovanna Ollà, ha riaperto il caso ordinando al sostituto procuratore un supplemento di indagini: ecco quindi la svolta.
Riaperto il caso, l’allora 11enne ormai 18enne ha avuto un nuovo incontro con la psicologa, durante il quale si è aperto ed ha raccontato tutto quello che ha subito durante quei due anni parlando di alcuni “giochi” nei quali il 50enne lo coinvolgeva forzatamente.
I pubblici ministeri Paola Bonetti e Giulia Bradanini hanno quindi chiesto per il 50enne 8 anni di reclusione, condanna confermata poi a 6 anni e 6 mesi dal gip Raffaele Deflorio.
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