Pierluigi Collina e l’alopecia, la malattia che gli ha causato una sospensione di tre mesi. L’ex arbitro a cuore aperto
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Pierluigi Collina e l'alopecia, la malattia che gli ha causato una sospensione di tre mesi. L'ex arbitro a cuore aperto (ildemocratico.com / pexels)
Pierluigi Collina a cuore aperto, il racconto di una malattia che gli ha cambiato l’esistenza
Classe 1960, Pierluigi Collina è noto per essere stato uno dei più grandi arbitri della storia del calcio, riconosciuto internazionalmente come uno dei migliori e distinto soprattutto per la sua grande capacità nel farsi rispettare sul campo e per il suo inconfondibile ed indimenticabile carisma.
La sua lunga e soddisfacente carriera, costellata anche di premi e di riconoscimenti come quello di Miglior arbitro dell’anno IFFHS conquistato ininterrottamente dal 1997 al 2003 e poi anche nel 2005, è stata però ostacolata da una patologia invalidante, l’alopecia.
A vent’anni dal suo ritiro dal mondo dell’arbitraggio calcistico, l’ormai 65enne Pierluigi Collina si è confessato nel corso di una lunga intervista con Repubblica ed ha parlato di come quella malattia ha influenzato la sua vita e la sua carriera.
Pierluigi Collina e l’alopecia: il momento più difficile di sempre
Quando l’alopecia ha fatto l’ingresso nella sua vita, Pierluigi Collina aveva solo 24 anni: in due settimane, l’ex arbitro si è trovato completamente senza alcun pelo, dai capelli alle sopracciglia, passando per quelli del corpo. “I vertici arbitrali mi fermarono per 3 mesi” confessa oggi a Repubblica, aggiungendo che i piani alti temevano che quella sua nuova estetica avesse degli effetti spiacevoli sul pubblico e sui giocatori. Per lui, quei 3 mesi sono stati “un’ingiustizia” e oggi non ha paura a pronunciare quelle parole: a distanza di tanti anni, però, aver subito quella forma di discriminazione e averla percepita in quel modo l’ha aiutato a combattere per fare in modo che nessun’altro si sentisse e tutt’oggi si senta così.
“Io sono stato fortunato, ero già adulto. Provate a pensare come sia non avere capelli per un bambino. O cosa possa significare perderli per una ragazzina di 13 o 14 anni” ha detto a Repubblica, nel corso dell’intervista, a proposito del peso psicologico di questa patologia.
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Il ritorno al calcio
Dopo i tre mesi di sospensione, i vertici decisero di rilanciarlo nel mondo dell’arbitraggio facendogli gestire una partita a Latina, uno stadio caldo: la scelta era stata pensata proprio per vedere che effetto avrebbe avuto la sua nuova estetica su pubblico e giocatori. Inaspettatamente, però, quel giorno non successe proprio niente: “Sarò sempre grato a quel pubblico: a loro quel giorno non poteva fregare meno di avere un arbitro senza capelli” ricorda, ancora oggi, a Repubblica, rispolverando le emozioni di quel ritorno tanto atteso alla professione che lo gratificava più di tutte e che l’ha reso famoso in tutto il mondo.